Noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose e più lontano di quanto vedessero questi ultimi; non perché la nostra vista sia più acuta, o la nostra altezza ci avvantaggi, ma perché siamo sostenuti e innalzati dalla statura dei giganti ai quali ci appoggiamo.
Come direbbe un noto personaggio politico nostrano, cosa c’azzecca Socrate con il mondo aziendale?
Perché un filosofo del 400 a.c. può tornare utile per meglio definire lo sviluppo professionale?
Perché manager e non, nel 2015, dovrebbero dare un’occhiata, anche veloce, ai suoi insegnamenti? Con tutto il sapere contemporaneo e i vari ROI, SEO, CRM, PNL, ABS, B2B, PM, TOTE, come pensare che un vecchio barbuto possa essere SMART?
Eppure c’è qualcosa. Anzi, molto di più di qualcosa. Da una parte il rinnovato ruolo della funzione comunicazione all’interno delle aziende, dall’altro la straordinaria dinamicità di mercati, teorie e strategie, stanno rendendo sempre più necessario avere una solida base di partenza. Individui ed imprese hanno bisogno di definire una vision propria e distintiva, una via chiara e definita, l’entelechia: un fine ultimo.
La maieutica socratica ci racconta proprio questo: come partire con il piede giusto!
La dialettica di intelligenze tra maestro e discepolo era finalizzata a tirare fuori pensieri e soluzioni attraverso il dialogo, a far partorire idee senza imporre e proporre pacchetti preconfezionati. Sviluppando da prima una conoscenza di se stessi e quindi una competenza relazionale in grado di farci “andare oltre le proprie e le altrui cortecce”.
Belle parole ma, in sostanza, per l’azienda come si traduce? E, soprattutto, quale efficacia apporta? L’insegnamento socratico è funzionale ad un miglioramento delle relazioni tra ruoli, ovvero tra componenti interne e gli interlocutori esterni, snellendo prassi e procedure e dunque agevolando il flusso produttivo. Allo stesso tempo garantisce consapevolezza e responsabilità: ogni risorsa viene valorizzata per le competenze ed il ruolo ricoperto e così facendo genera un circolo virtuoso di creazione di valore constante e globale.
La convinzione, infatti, è che bisogna necessariamente passare “dal processo di definizione, scoperta o riscoperta di chi siamo, quali valori ci guidano, perché facciamo quel che facciamo e tutte le conseguenze che ne derivano nelle strategie di branding, posizionamento e definizione del vantaggio competitivo”.
Appoggiandoci, dunque, sulle spalle di giganti ci si può rendere conto di come, ora più che mai, è necessario occuparsi più dell’essenza e della sostanza, eliminando orpelli, artificiosità e superflue azioni: il massimo dell’efficacia si raggiunge quando non si ha più nulla da togliere.