“Sarò il Presidente di tutti gli americani”.
Così parlò Biden all’indomani del voto.
Una dichiarazione che gli fa certo onore nel tentativo di riunire un Paese più che mai lacerato e diviso anche per effetto di un “brand positioning” trumpiamo evidentemente orientato in questa direzione.
In quelle parole, tuttavia, oltre le connotazioni politiche e sociali che implicano, si intravede anche un saggio ed astuto posizionamento all’interno dell’arena americana dettato da variabili numeriche che poco sono state raccontate.
Trump ha raccolto il consenso di circa 73 milioni di americani (https://www.nytimes.com/interactive/2020/11/03/us/elections/results-president.html) e con questi numeri avrebbe avuto la meglio in qualsiasi altra elezione americana.
Ben oltre i 66 milioni di preferenze raccolte 4 anni prima.
Ben oltre i 63 milioni di preferenze raccolte da Obama nel 2008.
Ecco perché Biden parla da marketer. Ecco perché i marketer dovrebbero prendere in seria considerazione questo dato, anche se può apparire scomodo, ovvero che l’Americano medio ha le stesse probabilità di essere un devoto di Biden quanto un sostenitore di Trump. Allo stesso modo, il ragazzo o la ragazza media nel Regno Unito ha le stesse probabilità di aver votato per la Brexit piuttosto che contro. E, alla fine del proverbiale giorno di chiusura del Covid, è probabile che l’acquirente medio del marchio medio sia la persona media per strada.
E, anche per chi si occupa di marketing e di brand questo è certo un aspetto da valutare: se, come sempre più spesso si sente ripetere, i brand devono riconnettersi con le persone, farsi portavoce dei loro valori e delle loro aspirazioni, allora c’è da fare oggi i conti con la natura di questo consumatore. Perché altrimenti il rischio è di continuare ad inseguire facili cliché che portano like, commenti e condivisioni ma che non in fondo in fondo non contribuiscono a nessuna rinascita.